Ieri sera ho assistito al concerto di apertura della Stagione Sinfonica del Teatro Lirico di Cagliari. Il programma era tutto incentrato su MozartKyrie in re minore per coro e orchestra K. 341, la Sinfonia n. 25 in sol minore K. 183 e il celeberrimo Requiem in re minore per soli, coro e orchestra K. 626 .
Mentre ascoltavo quella musica che mi ha accompagnato da una vita, mi veniva istitivo, ad occhi chiusi, cercare il così detto “pelo nell’uovo“. I brani eseguiti,  soprattutto il Requiem, li conoscevo troppo bene per non accorgermi delle sbavature, ma ho pensato che per una volta volevo riuscire a godermi il concerto come se non lo avessi mai cantato e non avessi mai letto lo spartito. Volevo godermi insomma la serata in compagnia di amici senza dover per forza criticare gli attacchi imperfetti, le voci solistiche poco adatte o i volumi delle due masse artistiche poco equilibrte tra loro.
Avevo accanto a me un amico un amico che si sta avvicinando a teatro da poco tempo, e mi hanno incuriosito le sue considerazioni. Una delle prime cose che mi ha domandato è stata: “ma quando esce dal palcoscenico, il direttore, dove va? ” Ho riso davvero perchè è una delle prime cose che, da ragazzina, mi chiedevo sempre.
Gli ho risposto che  il direttore , alla fine dell’ esecuzione ringrazia per gli applausi del pubblico, esce dal palcoscenico e va  dietro le quinte a rilassarsi, a  scaricare la tensione . Quasi sempre però, torna sul podio perchè il pubblico lo richiede e in qualche occasione per eseguire un bis. Lui si era immaginato una scena, forse vista in qualche film, dove ad accogliere il direttore dietro le quinte c’era un inserviente che gli porgeva una tazza di te caldo, un asciugamano o una poltroncina, chissà..
Alla fine della prima parte ho salutato diversi amici fedelissimi del teatro da decenni. I super abbonati  che anche nei momenti peggiori, non hanno mai abbandonato la barca, anche quando faceva acqua da tutte le parti. Uno di loro ha fatto una considerazione riguardo la parte estetica del coro donne: ” Perchè le donne non hanno una loro divisa? Anche il più povero dei cori polifonici, la possiede. Vedere questi abiti tutti diversi disturba chi guarda e, sembrerà stano, ma in qualche momento mi ha distolto l’attenzione dall’ascolto.”
Gli ho spiegato che non è facile riuscire a trovare una soluzione in proposito perchè gli artisti del coro sono dei professionisti e fanno decine di concerti all’anno (diversamente da un coro amatoriale) e una sola divisa ben presto si logorerebbe.  E poi c’è chi ingrassa e chi dimagrisce velocemente, chi ha troppo caldo sul palcoscenico e chi invece soffre il freddo. Le situazioni ambientali in cui ci si esibisce, soprattutto durante i concerti decentrati, sono sempre diverse e quindi ognuno si arrangia in base alle proprie esigenze mantenendo comune almeno il colore.
Visto che il pubblico  ha fatto delle considerazioni sull’abbigliamento degli artisti, io ho fatto altrettanto riguardo quello  del pubblico.
Impossibile non tornare indietro nel tempo dove davvero chi veniva a teatro per una prima, non poteva fare a meno della pelliccia, magari prestata dalla zia anziana o avuta in regalo. Si sentiva in colpa chi non la possedeva o chi la possedeva “finta” .
Ero bambina quando mia nonna mi raccontava della sua adolescenza e di quando si recava a Teatro con tutta la famiglia in carrozza, trainata dai cavalli , e ci si vestiva sempre in abito da sera e stola di pelliccia. La famiglia aveva il palchetto di proprietà, al Teatro Civico, e quando ci si sedeva, sempre con una buona mezz’ora di anticipo, il primo vero spettacolo era quello di “crastulare” sull’abbigliamento delle persone sedute negli altri palchetti o in platea. Le logge non si prendevano in considerazione perchè lì ci andavano gli studenti squattrinati.
La prima cosa da osservare era appunto  l’abbigliamento ed i gioielli, (occasione, quella del teatro, di poterli sfoggiare): chi aveva la pelliccia finta, chi non aveva un bel vestito; chi frequentava davvero il teatro perchè era appassionato e indenditore e chi, come la figlia del macellaio, voleva elevarsi culturalmente ma dormiva alla grande durante tutto lo spettacolo.
Insomma, tanta superficialità che oggi, per fortuna, sembra non esistere più. Il teatro è aperto a tutti, a chi ha l’abito da sera e la pelliccia e a chi possiede un giaccone, un cappotto, una pelliccia ecologica. A Teatro si va per ascoltare della buona musica e migliorare la propria cultura.
La musica è per tutti senza distinzione di classe sociale.
Il video-documento sottostante riguarda alcuni momenti del concerto di ieri.

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