Ho conosciuto il grande tenore Luciano Pavarotti, per la prima volta il 14 agosto 1985, quando fece il concerto per la sua città, Modena.
Con alcune amiche e colleghe ci trovavamo nelle vicinanze e sentito che Pavarotti regalava questa serata gratuitamente ci siamo messe in fila dalle 15 del pomeriggio (la serata era prevista per le 21) per poter guadagnare un posto che fosse il più vicino possibile . Passammo tutta la sera a cantare sedute in terra contente di poter assistere a questo grande evento.
Riuscimmo a trovare un posto in decima fila, nella Piazza Grande di Modena.
Il concerto, come lo furono tantissimi altri, era un collage di arie d’opera e canzoni da camera . Anche in quell’occasione come in altre si alternava al flautista Andrea Griminelli.
Ciò che mi impressionò fu la purezza della sua voce, la chiarezza nella dizione e la perfezione delle esecuzioni sempre nelle tonalità originali e sempre senza risparmio di acuti. Ero un po’ diffidente sulle tonalità e avevo appresso il diapason.
Insomma, sembrava di ascoltare un disco e vi garantisco che il dubbio mi è anche venuto ma ero abbastanza vicino per capirlo. Fu generoso nei bis accontentando i suoi concittadini fino a notte fonda.
La seconda volta che incontrai Pavarotti a distanza ancora più ravvicinata, fu a Pesaro in occasione del concorso a lui intestato.
Andai con un gruppetto di artisti sardi miei allievi che erano stati ammessi alla semifinale . Lui era seduto nella platea del teatro, circa a metà sala, con accanto la moglie Adua da un lato e una segretaria dall’altro, noi qualche fila più indietro.
Ciò che mi colpì della sua personalità era il suo sorriso e la disponibilità  proprio come eravamo abituati a vederlo in TV e nelle riviste .
Quando chiamò a voce alta uno del mio gruppo, si espresse con qualche frase in spagnolo per via del nome e cognome che potevano trarre in inganno: Ignazio Perra.
Quando Ignazio salì sul palco, lui gli si rivolse chiedendogli  da quale paese spagnolo provenisse e Ignazio sorridendo disse che il suo era un paesino italiano e per l’esattezza della Sardegna. Sorrise scusandosi per l’equivoco. Fu comunque prodigo di suggerimenti per la voce e per la tecnica.
Quando finirono le audizioni, si alzò e venne verso di noi che lo assalimmo per foto ed autografi.
Fu disponibilissimo ma mi impressionò la mole fisica.  Zoppicava camminando a fatica e teneva con la mano destra un secchiello pieno di  cubetti di ghiaccio che masticava in continuazione. Il caldo di quel 14 agosto era davvero afoso e lui probabilmente  lo faceva per mantenere bassa la sua temperatura corporea.
Oggi ricorre il decimo anniversario della sua scomparsa. Voglio ricordarlo con un servizio TV   della serata cui assistii quel lontano 1985

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