Prima che arrivasse il cellulare in Italia, si viveva serenamente col telefono posto generalmente all’ingresso di casa.
Quando questo squillava, si correva a rispondere e la corsa diventava violenta quando qualcuno attendeva la chiamata. Oggi, se il telefono fisso suona, non si muove nessuno: “vai tu?, no vai tu? E no lascialo squillare prima o poi si stuferà.”)
C’era anche il duplex. Non sapete cos’era?
Per risparmiare il canone, che allora era il canone della TETI, si divideva la spesa con un’altra famiglia del palazzo o del vicinato. Naturalmente anche le ore di conversazione andavano divise. Il che voleva dire telefonate brevi per il rispetto dell’altra famiglia, quando naturalmente c’era il rispetto.
Infatti quando mancava quello significava farsi il fegato marcio nella speranza che l’altro lasciasse libero l’apparecchio.
Quando poi qualcuno si fidanzava erano veramente guai. Le telefonate non avevano fine.   Nelle cabine con i telefoni pubblici  si faceva la fila dietro l’incauto, borbottando e disturbando finchè quello mollava la presa.
Per comporre il numero si doveva girare la ruota numerata.
Chi aveva poi due telefoni, era ricco. I due telefoni significavano una casa grande con due piani, e tante stanze. Da bambina, quando si chiamava la compagna per i compiti, se dall’altro capo si sentiva dire: “aspetta che passo all’altro”,quella stava cambiano telefono, magari nella sua camera o in un altro piano, almeno così pensavamo.
Una compagnetta che invidiava tanto quella ricca, si inventava sempre la storia del cambio telefono. Poi naturalmente si capiva che fingeva.
E le interurbane? Ve le ricordate?
Quando arrivava la telefonata del parente continentale, lo sapeva tutto il quartiere.
Più la chiamata era distante, più si urlava per farsi sentire.
Poi sono arrivati i telefoni a tasti e poi i cellulari. E poi è storia di questi giorni.

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