Nascono nella sartoria del teatro Lirico di Cagliari i costumi del film in lingua sarda: Su Re  del regista sardo Giovanni Columbu.
Panno, lino, cotone, feltro, yuta: sono 400 i costumi ideati da Elisabetta Montaldo .

Indossati da manichini senza volto, appesi negli stand o ancora chiusi dentro le scatole di cartone, sono gli abiti destinati a Caifa, a Erode, a Ponzio Pilato, ai soldati e ai cortigiani, alle donne e agli uomini del popolo. Interamente realizzati dai sarti del Teatro cagliaritano, i modelli rappresentano, dice il sovrintendente Maurizio Pietrantonio, l’esito di una felicissima sinergia tra musica e cinema.  

Il film si ispira ai quattro vangeli  : Matteo, Luca, Giacomo e Giovanni, tra le polemiche per via della lingua sarda.

Il ministero ne ha bocciato il finanziamento , questa la motivazione:

"Si fa riferimento al film indicato in oggetto per comunicare che la Commissione per la Cinematografia – Sottocommissione per il riconoscimento dell’interesse culturale di cui al comma 1, lett.A) dellart.8 del decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n.28 – Sezione per il riconoscimento dell’interesse Culturale opere prime e cortometraggi – ha ottenuto un punteggio sufficiente con la seguente motivazione.

"Pur interessante l’idea ispiratrice non appare sostenuta da dialoghi adeguati e coinvolgenti poiché l’uso del dialetto sardo appare piuttosto pretestuoso e non motivato da altra ragione che non quella di realizzare un prodotto dal sapore etnografico,

Difficile immaginare, dunque, l’interesse di un progetto da una parte fin troppo ambizioso dall’altra dal sapore troppo localistico.

Sarà la regione comunque a finanziare il progetto che nasce da una chiacchierata tra il parroco di Sant’Eulalia e il regista Giovanni Columbu.

Guardate il provino.

 

visitate il sito

 

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One response

  1. Anche Paolo Pillonca è diventato attore? Andiamo bene. Scommetto che i dialoghi sono suoi…

    Non voglio essere cattivo, ma concordo in pieno col giudizio della Commissione, non fa una grinza.

    Sono iniziative che hanno a che fare più con motivazioni politico/economiche che con quelle artistiche.

    Mi ricorda molto l’istituzione di “Sa die de sa Sardigna”. Ma sarebbe lungo spiegarne tutte le implicazioni, le motivazioni, gli interessi di persone e gruppi. Troppo lungo. E non vale la pena. Liberissimi di farlo, s’intende, ma perché deve pagare la Regione, ovvero noi? Mah…

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