Lo scorso anno, in occasione di una serata culturale, sono stata invitata ad esibirmi con dei brani di musica sudamericana, un genere che non avevo mai interpretato.

Mi sono messa al lavoro ed alla ricerca dei brani più adatti alla mia voce e alla serata.

Cercando su youtube mi sono soffermata sui video di Mercedes Sosa e ne sono rimasta affascinata e commossa.

NOn conoscevo questa grande artista, ma da quel giorno mi è rimasta nel cuore.

Ultimamente ho saputo che ci ha lasciato a causa di un grave male, ma ha lasciato anche dentro di me un segno indelebile.

Di seguito un articolo di Franz Coriasco, sul periodico Città Nuova, dedicato alla grande artista scomparsa.

Mercedes Sosa ci ha lasciato a 74 anni, dopo aver regalato al mondo – e all’America Latina in particolare – molto più dei suoi quaranta dischi, di tante tournèe memorabili, perfino più delle ali che seppe dare ai suoi sogni migliori.

Mercedes ha dato – ed è stata – molto di più: una testimone del proprio Tempo, la voce più alta e rappresentativa di un intero continente.
Ricordo quando l’incontrai qualche anno fa, per "Time for Life", un grande evento internazionale a favore della pace tra israeliani e palestinesi. Aveva aderito con entusiasmo all’iniziativa nonostante la salute già malferma, perché per lei ogni buona causa diventava sempre una sua causa.

Arrivò puntualissima per le prove di Gracias a la vida, l’indimenticabile capolavoro della cilena Violeta Parra che proprio grazie alla sua interpretazione divenne un classico in tutto il mondo.
Gentilissima e paziente, aspettò il suo turno senza far capricci, godendosi tutta la maestosità dolente del Colosseo, disponibilissima anche verso tutti i suoi colleghi, smaniosi di farsi immortalare al suo fianco.
Mercedes era un mito anomalo perché non faceva nulla per sottolinearlo, né per farlo pesare. Parlammo del più e del meno come si può parlare alla fermata dell’autobus; mi ringraziò dell’invito svaporando all’istante tutte le mie ansie, ed accettò allegramente anche tutti gli inconvenienti tipici di ogni diretta in eurovisione. Sembrava una ragazzina in gita premio: lei, che stava all’Argentina come la Piaff alla Francia e la Makeba al Sudafrica…
Era nata in una famiglia poverissima di San Miguel de Tucumán, nel ’35.

A quindici anni aveva iniziato la sua carriera vincendo un concorso canoro, e da allora non si era più fermata. Nel primi anni Sessanta era già tra i personaggi di spicco del Nuevo Cancionero, un nuovo movimento artistico che si proponeva di rinnovare la canzone popolare argentina innervandola di richiami alla realtà sociale e ai diritti umani. Nel ’67 è già in giro per i teatri di mezzo mondo, musa dei più bei nomi della canzone d’autore latino-americana.
Neanche l’avvento della dittatura dei generali riuscì a smorzarne l’impegno: incurante dei pericoli, continuò a fare dischi e tournèe, a dar voce alle sofferenze del suo popolo e di tutti gli oppressi del pianeta; trasformando, grazie ad una voce insieme calda e struggente, le rivendicazioni e i j-accuse in poesia, e le retoriche in emozioni. Restituendo a parole come libertà, giustizia, pace, la forza primigenia.

Costretta infine all’esilio, tornò in Argentina alla vigilia della caduta del regime, diventando immediatamente il simbolo stesso del rinnovamento. Ma ormai Mercedes era patrimonio della canzone universale, un personaggio di tale caratura che non di rado si ritrovava a collaborare coi più bei nomi della scena occidentale, da Joan Baez a Sting, da Pavarotti a Shakira.
Ma al di là di tante vibranti interpretazioni, degli innumerevoli premi ed onorificenze che trapuntano il suo curriculum (basti dire che il suo ultimo album Cantora – Un viaje intimo è in corsa per l’ennesimo Latin Grammy), al di là del suo impegno sociale e dell’onestà intellettuale con cui sapeva nutrire il suo straordinario talento, credo che Mercedes resterà nella Storia del proprio Tempo – e nel nostro cuore – soprattutto per aver ribadito al mondo che dietro ogni talento si cela non solo un’opportunità per rendere migliore la propria vita, ma anche la responsabilità di provare a rendere migliore quella degli altri.
Franz Coriasco  

guardala in questo video

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