Il Jazz è l’improvvisazione che chiede all’ intelligenza di correre,mentre volta le spalle.
5 maggio 2013. Teatro Lirico di Cagliari, Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Direttore David Levi, Pianoforte Stefano Bollani.
Non capita spesso di assistere alla manifestazione, in forma straordinaria ed avvincente, della Intelligenza umana. “La Cultura è ciò che resta, quando abbiamo dimenticato tutto” (Confucio), tuttavia -dimenticare- significa, prima, avere appreso qualcosa -dal Nulla-.
Suscitare il -Nulla-, invece, senza ancora averlo contemplato in un ragionevole tempo cognitivo, è cosa che inevitabilmente conduce ad una forma Trascendentale di Intelligenza, che dà “del Tu” a Dio.
Assistere alla Esibizione di Stefano Bollani credo si possa definire un’esperienza di vita; qualcosa che, fra venti anni, farà dire “La mia vita ha avuto un Senso per aver potuto beneficiare (anche) di quel privilegio”. Ascoltare Stefano Bollani significa, prima di tutto, porsi all’ascolto di un divenire musicale che non concederà alcunché di prevedibile, di ovvio, scontato, “orecchiabile”; questa caratteristica non mi ha permesso, in tutta l’Esibizione, di rilasciare un tendine, affinché l’attenzione, convogliata al mio udito e la mia anima, mentre urlava “Non spingete! c’è spazio per tutti! eccheccz, un po’ di rispetto per gli Anziani!”, restassero -costretti- ad attendere l’Imprevedibile. Aspettare l’Imprevedibile sonoro, ma già sapendo che è orgasmico, a me fa uscire di testa; se poi tutto questo è suscitato dalle Musiche di George Gershwin, allora la pazzia può permettersi di chiedermi il passaporto per farmi entrare.
La sensazione che sfonda la percezione acustica, credo anche del più indifferente, appena Stefano Bollani inizia con il brano “But not for me“, è che la sua mano sinistra funga da “manovella” per muovere in avanti il Pianoforte, come se volesse restituire la sensazione di una dinamica acustica in movimento, il quale in modo disarmante, raccapricciante, suona -esatto- sul metronomo mentale, scandito dal percussivo ostinato di -alcune- note rigorosamente mirate per quella funzione.
Fra il Pianoforte e Bollani si genera un volano di energia cinetica, che l’Intelligenza crea nel divenire che però, intanto, sembra già voltarsi indietro per rassicurarsi di essere seguita -dal Nulla-, e tutto ciò restituisce l’immagine di un Pianista che, anzichè suonare, interpretare una Musica -già scritta-, in effetti la stia -componendo- tuttavia dietro preventivo consulto al Pianoforte il quale, Amante, consenziente, complice, complementare, approva e Si Fa Musicare.
Bollani vira a “It ain’t necessarily so” (dall’Opera “Porgy&Bess”) letteralmente -motorizzando- l’andatura del Pianoforte che esilia la mano sinistra ad acceleratore, tuttavia come se mente non la contemplasse e di cui, per suonare, non ne avesse bisogno.
Bollani poi concede razionalità uditiva quasi -normalizzando- “I loves You Porgy” (dall’Opera “Porgy&Bess” – si scrive “Loves” pur non essendo terza persona singolare, perché l’Opera è stata scritta in dialetto), poi prende a prestito il pianismo di Paolo Conte, necessario per la dinamica di “The Man I Love” in cui, finendo, ironico, lascia che il suo Pianoforte -tossica- come se avesse bisogno di rifiatare. “Summertime” (dall’Opera “Porgy&Bess”) promuove l’elogio alla mano destra la quale, come l’ora d’aria, non risparmia di osare l’incontenibile e sentire l’effetto che fa se pensare la tastiera sia d’organo Hammond.
A questo punto diventa “Umano” e si concede un Blues intimo, durante il quale i Signori Maestri Orchestrali (quelli che in effetti tengono su il Teatro e la sua Esimia Reputazione) discretamente entrano a gruppi andando a presenziare i rispettivi posti strumentali.
Bollani e Schinardi
Onoratissimo per questa considerazione che mi coglie sorpreso e imbarazzato. Sono molto vicino a Voi, alla vostra causa; se posso permettermelo, facendomi trovare al posto giusto e nel momento giusto, adoro consegnarvi i miei ricordi visivi e scritti affinché, se graditi, possano diventare anche i Vostri.
Grazie per questo regalo.
Andrea Schinardi
Grazie a a te Andrea, artista della luce sensibile e raffinato