E dai che ti dai, e pensa e ripensa “accidenti, dovevo prendere le ferie, così me lo sarei gustato dalla platea…” Domenica mattina, mentre spostavo le varie cose dal mio salotto per pulire, mi sono procurata un taglio nel polpastrellino del mignolo… un male cane! L’oggetto in questione è un pezzo di tronco di ginepro (vietatissimo tagliarlo) che mi fu regalato dal papà di un mio ex fidanzato 25 anni fa. Io lo levigai, per togliere tutte le impurità accumulate nel tempo, e gli passai una mano di protettivo lucido per legno. Ma siccome non volevo snaturarlo, non tagliai gli spuntoni. Ecco qui, un taglio profondo come quelli che ci si fa con la carta. La sera avevo spettacolo alle 17. Ho provato a suonare, prima della recita, ma il dolore era abbastanza invalidante (la mano sinistra è quella che si usa sulle corde del violino). Quindi, visto che non ero con la mia macchina, perché sapendo che c’era il Papa a Cagliari, abbiamo pensato bene di prendere solo una macchina :-P, mi sono seduta in platea e mi sono gustata lo spettacolo: I Shardana, l’opera lirica di Porrino, scritta nel 1959 e eseguita raramente.

Un’emozione unica! La musica trascinante, con citazioni Pucciniane (Turandot), eseguita con bravura dalla mia orchestra (mia nel senso che ci lavoro da 32 anni). Grande maestria nel dosaggio delle sonorità, mai noiosa. Un’opera di grandissimo pregio, sia per la composizione che per il libretto. Mi ha riempito d’orgoglio pensare che è tutta opera nostra, dalle scene ai costumi e che quasi tutti gli interpreti sono Sardi. Una regia magnifica, senza mai un attimo di noia, cosa che accade spesso nelle opere liriche; in scena, così tanto movimento da farmi pensare “ accidenti, per vedere tutto, bisognerebbe vedere lo spettacolo un paio di volte“. Il balletto tribale: tutti nudi, con solo il perizoma, il corpo dipinto con la creta e l’abilità delle nostre truccatrici, nel rendere tutto così artistico. La coreografia studiata perchè ricordasse il ballo sardo. I ballerini/mimi, attori consumati, dal corpo agli occhi, in un’interpretazione che non ha nulla da invidiare al ” La Fura dels baus“. Emozionante scena, dopo l’uccisione di Torbeno (ad opera del padre): in palco una serie di movimenti ripetitivi, ossessivi, come fossero polaroid in movimento, che mimavano il dramma della guerra, della Disamistade, dell’odio che annebbia il cuore. In particolare le due ragazze, che si abbracciano lentamente per poi staccarsi e una taglia la gola all’altra, che lentamente cade, per poi rialzarsi e ripetere la scena. Infine, sul proscenio, con un effetto cinematografico, una proiezione della pioggia, tutti schierati, ansimanti, la ragazza col pugnale piange… le sue lacrime sono vere, si percepiscono i sussulti del pianto. Tutti fissano verso la platea, un punto immaginario, guardano le loro anime.

Nel silenzio entra Elena Ledda e canta Anninnia:

Ninna ninna nanna

dormi mia palma
ninna ninna.
Oh! possa vederti grande
o prezioso tesoro
dormi cuore di mamma
ninna ninna.

Oh! sia buono il riposo
ninna nanna
tesoro prezioso.
Oh! L’oro ti dia grido
questo che mamma ti canta
ti si possa avverare.
Oh! ti guarisca da ogni male
questo che mamma ti canta
avverare si possa.
Oh! Cuore dell’anima mia
possa avverarsi questo canto di ninna nanna”

Le scene dell’opera, un vero capolavoro di semplicità e ingegno: proiezioni sullo schermo, il mare e un cielo in tempesta. Il mare è strano, sembra una massa oleosa e mi piace proprio per questo, è surreale. A momenti si tinge di rosso sangue. I bronzetti nuragici a misura d’uomo, mentre sullo sfondo corrono le stelle e il mare, i mimi li fanno dondolare lentamente dal basso verso l’alto, in un effetto straordinario di movimento sull’acqua: geniale!
Il coro ha un pathos fuori dal comune, tutti si sentono Sardi nell’anima, urlano sul proscenio: IL FIGLIO SUO… mentre le donne cantano per la sua salvezza.
Ci sarebbero tantissime cose da dire, le luci, i video, i costumi, tutto il lavoro incessante dietro il palcoscenico: dagli elettricisti ai tecnici, dai fonici ai maestri delle luci, i maestri collaboratori… una marea di gente che ha contribuito alla messa in scena di questo grande capolavoro. Voi non immaginate neanche cosa ci sia dietro uno spettacolo, è davvero una fucina d’arte e lavoro d’ogni genere.
Ho capito perché quest’opera viene eseguita poco: moltissime scene di sesso esplicito, sopratutto nel testo. E come ben sappiamo, se c’è una categoria di bigotti e bacchettoni, è quella dei vertici dei teatri lirici e d’opera in generale… altrimenti non si spiega.
Ora, speriamo, con tutto il lavoro che è stato fatto, che le nostre scenografie e i costumi non finiscano nei magazzini. Uno spettacolo così, sulla Sardegna, con interpreti sardi, dovrebbe essere venduta in giro per il mondo, in tutte quelle enormi comunità sparse per il globo terrestre.
Orgogliosa del mio teatro, ho sentito i commenti del pubblico che era entusiasta, orgogliosa di essere Sarda, discendente del popolo Nuragico: Hutalabì ,il grido di guerra del popolo sardo che nel dramma porriniano ricorre innumerevoli volte, esso è naturalmente da associare ai versi di Sebastiano Satta:
Se l’aurora arderà su’ tuoi graniti
Tu lo dovraiSardegna,ai nuovi figli.
A questoa quanti cuori
Vegliano nella tua ombraaspettando!
O fratelloe tu primo alla vittoria,
Da’ il grido dai vermigli
PianoriAgita il palio
O rosso cavallo,
O cavallo di gloriahutalabì!
Hutalabì è l’«urlo di gioia selvaggia, col quale il cavaliere barbaricino sprona a corsa sfrenata il cavallo animando se stesso di questo frenetico ardore» 

Donatella Carta

Questa sera nuova recita de i Shardana al Teatro Lirico di Cagliari. 
Per informazioni: Biglietteria del Teatro Lirico, via Sant’Alenixedda, 09128 Cagliari, dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20, il sabato dalle 10 alle 13, e nell’ora precedente lo spettacolo; telefono +39 0704082230 – +39 0704082249, fax +39 0704082223, biglietteria@teatroliricodicagliari.it, www.teatroliricodicagliari.it. Il Teatro Lirico di Cagliari si può seguire anche su Facebook, Twitter, YouTube; acquisto online www.greenticket.it.

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