La politica in TV:cara vecchia tribuna elettorale, una “barba” si tramutò in successo. Quattordici milioni di ascolti.

Il boom economico – emigrazione – carne da vagone con valige di cartone

 [Mario Salis]

 Un degno interprete di pensarla in quel modo, era Romolo Mangione giornalista dell’Umanità prima e di Giustizia poi, organi del Partito Socialdemocratico, che si misurava senza guanti bianchi né alcun riguardo reverenziale con Palmiro Togliatti. Inappuntabile, con la pettinatura all’indietro impomatata di brillantina, affondava  sul versante della doppiezza, incalzando subito con la domanda, “come mai il PCI condannava l’uccisione del primo ministro del Congo Patrice Lumumba e non del primo ministro ungherese Imre Nagy a Budapest nel 1956? Per un partito che oltre ad essere afroasiatico ancor prima dovrebbe essere europeo”. Roba da far tremare i polsi. Non certo al Migliore che tra l’altro replicò di stiletto: “Ella si chiama Mangione ma di politica non ne mastica molto”. Con Gian Carlo Pajetta, che non si lasciò scappare con sarcasmo la bocciatura del tentato ingresso di Mangione nel mondo politico, questi in diretta, gli lanciò addosso una corposa edizione del codice penale sovietico mancandolo di poco, sfiorando quasi il corpo a corpo in diretta.

 Il 5 agosto 1960 Fanfani, al suo terzo Governo – della restaurazione democratica e delle convergenze parallele – annunciava in Parlamento l’avvio di Tribuna Elettorale, che già il 26 aprile 1961 diventava Tribuna Politica, articolandosi oltre che con la consueta conferenza stampa con le conversazioni, non più di 5 partecipanti e gli appelli. Scorrono le personalità di quegli uomini politici: Fanfani: sbrigativo; Nenni: affabile; Togliatti: algido; La Malfa: spigoloso; Almirante: enciclopedico; Moro serafico; Malagodi: disinvolto ed essenziale. In quell’anno Giorgio Vecchietti presenta un dibattito sul tema: i giovani e la Patria, animato da deputati poco più che trentacinquenni: Francesco Cossiga 33 anni, Giorgio Napolitano ammesso per il fatto che 36 li aveva compiuti da poco, il sociologo Franco Ferrarotti, del movimento Comunità di Adriano Olivetti, che di anni ne aveva 34. Lo scenario austero e immutato: alla destra del leader l’addetto stampa, a sinistra il moderatore. Come tali, si alternarono negli anni: Vecchietti, sostituirà Biagi nel 1962 alla direzione del TG, Jader Jacobelli con l’inconfondibile L liscia – esordisce dopo il novembre del ’43, con Radio Sardegna, che trasmette sui 555 metri – “voce dell’Italia libera al servizio del Re, ascoltatela” – Willy de Luca, Ugo Zatterin, Luca di Schiena, Mario Pastore, Luciana Giambuzzi, Nuccio Puleo – volto storico del TG2 muore in Sardegna nel 2001 – Nuccio Fava. La loro notorietà ispirò per anni le imitazioni di Alighiero Noschese. Come scrisse Achille Campanile, scrittore e sceneggiatore: una “barba” si tramutò in successo. Quattordici milioni gli ascolti, con significativi picchi al Sud, insomma gli italiani dimostrano di gradire  come per  Campanile Sera ed il Musichiere.

 Correva l’anno 1960: la stagione del boom economico, la lira italiana riceve dal Finalcial Times del Regno Unito l’oscar delle monete; un quotidiano costa 30 £, un litro di benzina 120 £, il PIL a più 8,3%. Comincia con una brutta notizia: finisce la leggenda di Fausto Coppi che muore a Tortona il 2 gennaio; alla radio inizia “tutto il calcio per minuto”; il 2 febbraio “che notte quella notte!” ma all’alba  del 3, vicino ad una via Margutta velata dalla nebbia, con la sua Ford rosa confetto si schianta  a Roma contro una camion, Ferdinando Buscaglione noto Fred, che a Radio Cagliari nelle grotte vicino alle caserme di Is Mirrionis accompagnava al sax e violino le musiche di Glenn Miller (in tournée in Sardegna, per i militari americani, quando con la sua orchestra eseguì per la prima volta in Europa: “Sun Valley Serenade”),  con Franco e Berto Pisano nel quintetto Aster.

 Il 30 giugno disordini a Genova contro il Governo Tambroni ed il congresso MSI, in piazza della Vittoria parlano Ferruccio Parri e Sandro Pertini: il 6 luglio nella capitale a Porta San Paolo una carica di cavalleria irrompe sui manifestanti; il 7 luglio a Reggio Emilia negli scontri con le forze dell’ordine muoiono cinque operai. Malgrado i rigori della censura, a Cannes vince “la Dolce Vita” di Federico Fellini, e nei cinema escono: “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti e tra gli altri Vasco Pratolini, boicottato dalla Giunta Provinciale di Milano, contestato al Festival di Venezia e censurato dalla Procura; “Tutti a casa” di Luigi Comencini; “La Ciociara” di Vittorio De Sica. Carlo Cassola vince il Premio Strega con “la Ragazzadi Bube”. A Sanremo è prima “Romantica” di Renato Rascel.

Il 25 agosto a Roma si apre la XVII° edizione dei giochi olimpici: 17 atleti sardi 8 amsicorini dell’hokey, 1 del CUS, altri: atletica leggera, canottaggio, equitazione e sollevamento pesi. La medaglia d’oro di Livio Berruti nei 200 metri, che strappa il primato agli atleti di colore, sembra superare il bottino complessivo di tutte le altre 34. Si tinge perfino di rosa quando i rotocalchi ricamano una sua love story con Wilma Rudolph, la gazzella statunitense del Tennessee che prima di vincere tre ori, aveva sconfitto la poliomelite; del profugo istriano Giovanni Benvenuti detto Nino, oro nei pesi welter, come dell’esule di Fiume Abdon Pamich bronzo nella marcia; del giovane Cassius Marcellus Clay prima di chiamarsi Muhammad Ali; di Raimondo D’Inzeo a Piazza di Siena in sella al Salernitano Posillipo, a seguire l’argento di suo fratello Piero. Il 10 settembre quella sera magica, Roma non farà la stupida e l’etiope Abebe Bikila vincerà sotto l’Arco di Costantino la maratona,  correndo  scalzo per la sua Africa sui sampietrini della città eterna. Dal Campidoglio fin sotto l’obelisco di Axun, difronte al Circo Massimo, giunto da Massaua smontato a pezzi come bottino di guerra coloniale dal 1937 fino al 2005, quando sarà restituito. L’8 novembre1960 a soli 43 anni John Fitzgerald Kennedy diventa il 35° presidente degli Stati Uniti, eredita l’embargo contro Cuba, pochi mesi dopo il fallimento dello sbarco nella Baia dei Porci. Il 15 novembre va in onda “non è mai troppo  tardi” col maestro Alberto Manzi che  insegna a leggere ed a scrivere 35.000 adulti non più in età scolare. Quasi 500 le puntate fino al 1968.  A dicembre il giornalista Gianni Bisiach realizza un documentario sull’avventura al Polo Nord del dirigibile del generale Umberto Nobile e del dramma della tenda rossa, icona di quella spedizione. Ventottomilioni di ascoltatori, un record che resiste ancora.

Cosa è cambiato da quel lontano 11 ottobre 1960? I giornalisti la politica, il modo di fare informazione e governare il Paese. Si fa prima a dire tutto. Del resto lo stesso Scelba, lontano dalle telecamere, definiva tribuna politica “una bestialità”, mentre il suo collega alla Giustizia Guido Gonella la bollava “immorale e filo comunista”, rimproverando all’innovatore Fanfani la colpa “di aver introdotto le ballerine e Togliatti nel cuore degli italiani” anche se a far breccia furono le gemelle Kessler, seppur costrette ad indossare spesse calzamaglie scure.

Di lì a qualche anno, alle politiche del 1963 la Democrazia Cristiana perderà 4 punti scendendo al 38,3%  mentre il Partito Comunista salirà di quasi 3 punti raggiungendo il 25,3%. Nonostante, che gli uomini chiave della RAI aderissero ad Iniziativa Democratica del leader DC toscano. Ma l’autonomia tra i protagonisti della Tribuna Politica si conserverà  per molti anni. Il giovane ministro dell’Industria e Commercio Emilio Colombo nel 1961, ridicolizza quasi il giornalista Pasquarelli, che si era spinto oltre modo sulla natura della fornitura di energia elettrica quale  servizio essenziale. Gli risponderà tra l’ilarità generale “sono d’accordo con la  risposta che si è già dato, alla domanda che lei mi ha formulato”. Mangione che farà meno carriera, non ci sarebbe cascato. I ruoli restano ben distinti, agli inizi degli anni Ottanta è lo stesso Fanfani al suo V° Governo, che gela con uno sguardo Gianni Letta allora direttore del Tempo quando interrompe, come una premonizione “se Jacobelli mi consente debbo fare una testimonianza …”, dimostrando di non gradire affatto i suoi buoni uffici, peraltro non richiesti. Ma a fare storia, fu una Tribuna del 1975 per le regionali, quando a rimanere di stucco più che Enrico Berlinguer, fu il suo storico addetto stampa: Tonino Tatò uomo ombra del segretario, per questo soprannominato Suor Pasqualino (Suor Pascalina era la governante di Pio XII) da un’altra celebre firma: Alberto Ronkey, quando il direttore della Notte di Milano Nino Nutrizio tirò fuori dai banchi, due contenitori con del riso e degli spaghetti esemplificando: che nella stessa pentola sarebbero stati immangiabili come il compromesso storico che si andava confezionando. Neppure quella volta era stato possibile avere in anteprima le domande.

Il 1960 fu un anno di svolta epocale,  quelli eran giorni! Per la prima volta gli addetti all’industria ed ai servizi superarono quelli dell’agricoltura, la via alla modernità tracciava un profondo solco tra il prima ed il dopo. Chiamarlo miracolo economico è solo mitizzare un periodo storico, fu soprattutto un vasto mutamento sociale. Imponenti flussi migratori – carne da vagone con valigie di cartone – Milano incrementò di oltre ottocentomila i residenti, Roma arrivò ad oltre due milioni di abitanti.  L’Italia voleva rimettersi in piedi sulle rovine di un passato ingombrante e doloroso, tuttavia senza dimenticarlo nel bene degli irriducibili nostalgici, nel male delle innumerevoli vittime, ma il presente era attraversato da un grande slancio verso il futuro ed una forma di partecipazione che ai giorni nostri, purtroppo, si è persa. Oggi si vive schiacciati dal presente, il tempo sembra aver perso oltre che la sua naturale scansione il suo stesso significato, affidato com’è agli esperti del marketing, specialisti dell’incertezza.

Le promesse erano figlie dei progetti e  dei programmi, che si scrivevano per tempo. Non si tratta di avere lo sguardo perennemente all’indietro per chiedere la restituzione del passato. Una questione anagrafica induce prima ancora di dimenticarlo, a non conoscerlo. La conoscenza del corpo elettorale oggi è diventata indagine di mercato, perché di mercato elettorale si tratta. Il PCI superò con non poca diffidenza il nascere dei sondaggi della Doxa, forse colpevole di aver previsto il fallimento del Fronte Popolare del 1948, ma soprattutto ne contestò uno commissionato dalla RAI sul linguaggio dei politici, che giudicava la maggioranza dei cittadini incapaci di capirne le varie sfumature.

Il cammino della speranza si era rimesso in moto anni addietro. Desta ancora emozione ascoltare una registrazione radiofonica del 1946, quando il Ministro per l’Assistenza post Bellica, con compiti di prestare assistenza morale e materiale a civili, militari internati e rimpatriati, sfollati per i bombardamenti, profughi, si rivolgeva ai soldati italiani rimasti nei campi di prigionia disseminati nel mondo. Nella realtà – come ne “I Girasoli” di De Sica – alcuni casi si trascineranno fino al 1954 non senza polemiche e code giudiziarie, di cui si occupò a lungo anche il dibattito politico. E’ il timbro inconfondibile dell’Onorevole Ministro senza Portafoglio Emilio Lussu, che con quel forte accento sembra coniugare la questione sarda. Parla invece ai trecentomila connazionali internati nell’Europa centrale, assicurando il loro rientro a casa da settembre per concludersi a Natale, allargando quell’unità di tempo che  dalle tragedie del passato  attraversa le difficoltà del  presente, guardando di nuovo con speranza al futuro. I confronti conla Storia possono sembrare spietati, irriverenti ma necessari. Oggi si muore ancora nel lavoro nei pochi cantieri aperti, di crepacuore a due mesi da un’alluvione che ha messo in luce il disastro idrogeologico di un intero Paese. Quasi se non di disperazione, per le lettere di licenziamento, che si aggiungono anche nel delicato settore della rimaneggiata informazione isolana. Le delegazioni sindacali senza più risposte rischiano la dignità del proprio ruolo come te la toglie il lavoro che non c’è. Dal 1960 sono trascorsi 54 anni, quasi la vita media di un lavoratore in produzione, che sperava nel  futuro dei propri figli e del suo Paese.

 Correva verso la sua fine l’anno 1960, turbolento e gioioso insieme. Il 25 dicembre si gioca al calcio anche per Natale, allo stadio Arena della Vittoria di Bari, sono difronte Bari – Milan, gli indomabili galletti pugliesi, che andranno comunque in “B”, seppur ridotti in 9 bloccano sullo zero a zero i blasonati rossoneri che arriveranno secondi a 4 punti dai Campioni d’Italia della Juventus di Omar Sivori. Maldini, Liedholm, José Altafini e Trapattoni non vedono quasi palla, a tentarci solo un terzino, Mario Trebbi.

In serie “B” pareggia con la capolista Torino il Cagliari, ma termina buon ultimo andando in “C”. Ci rifaremo quando Gigi Riva arriverà. Correva l’anno 1960: la politica, i fatti drammatici si mischiano con quelli lieti e di costume, come in una scatola di foto in bianco e nero, che si chiude a fatica.

[Mario Salis – CagliariGlobalist]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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