Ieri sera, in diretta su RAI UNO  dall’Arena di Verona ho potuto assistere alla serata in ricordo del grande tenore Luciano Pavarotti. Tantissimi gli artisti che gli hanno reso omaggio sia del mondo della musica lirica che  POP, genere che Pavarotti ha amato soprattutto con l’intento di avvicinare i giovani al suo mondo.
Chi non ricorda i grandi eventi con Pavarotti and Friends?
Poi ecco i suoi amici con i quali ha condiviso il fortunato trio: Josè Carreras e Placido Domingo.
Artisti come Zucchero, Fiorella Mannoia, Ramazzotti, tanto per citarne alcuni, hanno ricordato  quel bel periodo in cui hanno potuto godere dell’amicizia del grande tenore modenese. Non mi soffermo sui particolari della serata che ha avuto momenti di bella musica ed altri un po’ meno.  Fra i tanti artisti che si sono esibiti, due mi hanno lasciato il segno: il tenore Francesco Meli che mi ha veramente affascinata per il modo in cui ha eseguito l’aria “Una furtiva lagrima” : suono ampio e uniforme, legato, mezze voci, pulizia vocale, respirazione, era una scuola di tecnica pura.  A bocca aperta nel guardarlo e nel sentirlo. Bravo, bravo, bravo!
Mi sono soffermata poi sul Tenore Fabio Armiliato, che forse non era al massimo della sua forma. Devo dire che mentre lo guardavo si è aperto nella mia mente  un ricordo drammatico e buffo allo stesso tempo.
In palcoscenico, tante volte, ho visto usare armi, sia da artisti che da comparse e spesso, per gioco. Ho visto anche puntarle tra di loro, ed ogni volta questa cosa mi disturbava.
Nell’agosto del 1995 durante la Tosca allo sferisterio di Macerata   un fucile caricato male a salve  aveva ferito alle gambe Fabio Armiliato costringendolo ad abbandonare il palcoscenico, anche se ormai alle battute finali.
La settimana successiva quando stava entrando in scena, al secondo atto, mentre il perfido barone Scarpia lo stava aspettando seduto davanti alla tavola imbandita per interrogarlo, è scivolato nel corridoio. E s’ è infortunato l’ altra gamba, quella su cui si era retto durante tutto il primo atto. Scena bloccata, qualche applauso e il direttore d’ orchestra Donato Renzetti: “Il tenore non esce, deve essere successo qualcosa. Ripetiamo daccapo con Nazareno Antinori“. E lui, Armiliato, mentre esce dallo sferisterio in barella mormora: “Possibile che non riesca mai ad uscire da qui con le mie gambe?”. Ce l’ aveva messa tutta, la sua voleva essere la rivincita “per quell’ applauso che domenica ci era stato rubato”. E per tutta la prima parte, pur con una regia in parte cambiata per non farlo muovere troppo se l’ era cavata, meritandosi applausi scroscianti.
 

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