Dopo il successo del primo spettacolo, proseguono gli appuntamenti della rassegna Cultura Popolare anno III.

Giovedi, 19 aprile alle ore 21, presso il teatro Fratelli Medas sarà la volta di “S’acqua Fatta”   importante produzione del Crogiolo.  Due sono gli attori che si avvicenderanno sul palco guasilese, Rita Atzeri e Fausto Siddi.

Al termine dello spettacolo, come di consueto, una degustazione di prodotti locali per concludere la serata approfondendo i temi proposti.

S’ACQUA FATTA . UNA STORIA DI SALE, LAVORO E DIGNITÀ

regia e drammaturgia di Simone Schinocca con Rita Atzeri e Fausto Siddi Produzione Il Crogiuolo – Tedecà

 S’acqua fatta è l’espressione che usavano i lavoratori della salina di Cagliari quando nell’acqua delle saline iniziava la precipitazione del sale dopo mesi di lento scorrere fra una vasca e l’altra e lunga evaporazione. Le saline. Attive da centinaia di anni, un procedimento naturale che grazie all’acqua di mare, sole e vento portava alla creazione del sale e non solo. Gesso, metalli preziosi, Sale inglese, Bromo.

Un lavoro massacrante dove la “manualità ti ammazzava“. Un lavoro che diventa anche un modo di dire “Ti mando a lavorare in Salina” per mal augurare qualcosa a qualcuno. Anni 70. I lavoratori sono statali. Si accede tramite un concorso pubblico.   Il nostro spettacolo parte proprio da alcune interviste all’ultima generazioni dei lavoratori del sale. Le storie raccolte attraverso un percorso drammaturgico diventano la storia di Nino e Greca. Marito e moglie.

La festa della raccolta del sale è l’occasione in cui le loro vite si incontrano e si incrociano. Storie di sale, di lavoro, un lavoro faticoso, ma soprattutto storie di dignità. Un centinaio di lavoratori che vivono in un comune sentire, una comunità che condivide lavoro, vita, desideri, fatiche, lotte sindacali.  E dopo secoli la salina viene chiusa. E in questo la storia della Salina di Cagliari diventa uno stereotipo di “storia all’Italiana”.

Le ragioni della chiusura sono confuse, incomprensibili. E con la chiusura si perde un’esperienza secolare, storie, valori, possibilità economiche, posti di lavoro, prospettive di sviluppo per l’intero territorio e la dignità dei lavoratori che hanno vissuto e lavorato alla Salina fino a quel momento “come se fosse una cosa loro”.  Un viaggio che parte dai lavoratori delle saline ma che nel suo messaggio arriva fino ai nostri giorni. Storie che alternano ironia e commozione, che sembrano lontane nel tempo e sono di soli venti/trenta anni fa.  Storie che conservano la loro forza così come il sale è capace a fare.   Storie che bruciano come il sale sulle ferite.   Storie che aiutano a ritrovare un vero “sapore” alla parola lavoro, così bistrattata, distrutta, troppo spesso svuotata di senso.  Storie dell’essere lavoratori.   Il lavoro non solo come luogo in cui poter recuperare le risorse per la quotidiana sopravvivenza.   Il lavoro come costruzione del proprio essere, della società che ci circonda, di affermazione e costruzione della propria identità.  Ma cosa capita quando questo non avviene? Che cosa perde l’uomo? Che cosa perde la società?  

 

 

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