Anche quest’estate, come faccio ormai da diversi anni, mi sono dedicata alla lettura dei libri di Andrea Camilleri ed in particolare delle avventure o disavventure del commissario Montalbano.
L’utlimo della serie è "La paura di Montalbano".
Rimango sempre affascinata dal modo in cui Camilleri descrive i personaggi e le diverse sensazioni che prova quest’uomo (Montalbano appunto) in tutte le circostanze che si presentano: il lavoro, i rapporti con i colleghi, le indagini, le donne ed in particolare la sua vita personale come quella per la passione del cibo genuino e delle ricette della sua terra.
La bellezza di queste storie sta nell’aver usato il dialetto siciliano.
Quando presi in mano per la prima volta uno di questi romanzi, e vidi come erano scritti, istintivamente mi venne di metterlo da parte; non riuscivo a leggere spedita questa lingua a me sconosciuta, ma poi, è bastato andare avanti per qualche pagina e scoprirne tutto il fascino.
Il grande successo di questi libri nasce dal fatto che lo scrittore Camilleri sia riuscito a far accettare il suo linguaggio libero a chiunque.
Quando ho preso piede non sono riuscita più a smettere.
E’ stato come una droga.
Ho letto tutti i suoi romanzi d’un fiato e quando smetto ho quasi un’astinenza.
Le parole: taliare, arriniscire, assittare, acchianare, stanno entrando pian piano come intercalare anche nel mio linguaggio giornaliero .
E’ strano, ma a volte con qualche collega, anch’essa appassionata del genere, comunichiamo usando questi termini.
Geniale e prolifico Camilleri!
Mi è venuta la curiosità di sapere come nasce questo personaggio ed ho trovato una bella intervista che La Banca della Memoria gli ha fatto recentemente eccola!