In occasione della scomparsa del grande soprano Mirella Freni, la stampa ha scritto veramente di tutto: sia sbagliando l’articolo (la soprano) e sia pubblicando la foto sbagliata. In TV  poi, in una nota trasmissione è stato mandato in onda un video di un’ altra cantante attribuendolo alla grande Freni. Insomma un disastro.

E’ vero che nessuno è obbligato a conoscere la terminologia di un argomento di propria pertinenza, ma almeno chi scrive , prima di dire sciocchezze, si documenti.

Per i non addetti ai lavori voglio ricordare che nella lirica, il soprano, il mezzosoprano e il contralto sono le tre voci femminili, dalla più acuta alla più grave. Mentre quelle maschili sono Il tenore, il baritono e il basso

Di seguito vi ripropongo un interessante articolo dell’Accademia della Crusca.

 «Soprano era in origine aggettivo, disceso da un latino volgare superanus, poi contratto in supranus, da super, sopra. Alla lettera, che sta sopra, superiore. “Vídil seder sopra il grado soprano”, dice Dante dell’angelo che siede sul gradino piú alto della porta del Purgatorio. Vive ancora nell’uso letterario; per esempio, leggiamo nell’Innocente di D’Annunzio: “Attinsero le altezze soprane”, cioè le massime altezze; e s’incontra in qualche topònimo per indicare una località situata in posizione dominante rispetto ad altra località omonima: Vezzano Soprano, Petralía Soprana, in opposizione a sottano (da un latino volgare subtanus, da subtus, sotto, donde anche il femminile sottana, propriamente “veste che si mette sotto un’altra veste”). Aggiungerò che da soprano si fece la variante sovrano, cosí come da sopra si era fatto sovra, e si usò come aggettivo (“Omero, poeta sovrano”, Dante) e come sostantivo, nel significato di re, di monarca (propriamente, colui che sta sopra gli altri, che ha il piú alto potere).
Nel Seicento si passò dall’aggettivo al sostantivo, e si chiamò maschilmente soprano (ma propriamente “canto o registro soprano”) la voce umana di piú alto registro, quella che è propria delle donne e dei fanciulli, ma che un tempo era anche degli uomini, i quali la ottenevano con i noti mezzi inumani o anche mediante il cosiddetto falsetto. In seguito questo sostantivo, ripeto solo maschile, si adattò anche alla persona dotata di tal voce, donna, uomo o ragazzo che fosse. E di qui nasce l’incertezza, che ancora sussiste, sul genere di questo sostantivo oggi che i soprani maschi non esistono piú. Non mi par dubbio, però, che l’unico uso corretto sia il soprano, al maschile, anche con riferimento a donna; nel plurale, i soprani. Un esempio del D’Annunzio: “Tilde era un primo soprano non molto giovane”; nel linguaggio dei critici musicali piú vigilati questa forma maschile è poi quella generalmente rispettata. Diremo perciò “il celebre soprano Maria Caniglia”, “Questa ragazza diverrà un ottimo soprano”. Dire, come correntemente spesso si dice, la soprano, una soprano, e nel plurale le soprano, mi pare francamente un abuso, che consiglierei di evitare. Va da sé che la stessa regola dovrà valere per il mezzosoprano, plurale i mezzosoprani, e anche per il contralto (“Il celebre contralto Marietta Alboni”), che farà nel plurale i contralti.» (Aldo Gabrielli, Si dice o non si dice, Milano, Mondadori, 1976, pp. 87-88.)

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