Il canto aquilano “MA CHE E’ ‘STU SCONTENTU” vince il premio “Vernaprile”

Il canto Ma che è ‘stu scontentu” (che cosa è questo eterno disagio) scritto da Maria Luisa Frasca e musicato dal M° Camillo Berardi ha vinto il 1° Premio assoluto per la Canzone Dialettale Abruzzese alla 13^ Edizione del Concorso “Vernaprile”, organizzato dalla “SMS Fratellanza Artigiana” di Teramo.

        Il brano è stato premiato con la seguente motivazione: <<L’opera è valida, originale con il rispetto degli antichi stilemi e si presenta come un lavoro molto raffinato nel quale la tradizione è giocata con classe>>.

      “Questo canto aquilano esprime la struggente malinconia di chi – sentendosi dotato di una grande apertura d’ali – non ha trovato spazio nel piccolo mondo soffocante in cui la sorte l’ha costretto a vivere. Non gli resta che evadere nel sogno” (Maria Luisa Frasca).

              Il Concorso prevedeva soltanto la produzione dello spartito musicale e del testo poetico.

In occasione della Cerimonia di Premiazione, è stato richiesto al musicista Camillo Berardi se era possibile presentare al pubblico e alle autorità presenti il canto vincitore. Il M° Berardi, fuori programma, e arricchendo il prestigio della manifestazione, ha corrisposto alla richiesta del Comitato Organizzatore, offrendo l’esecuzione del brano, affidata alle voci del soprano Adele Ciavola e del contralto Valentina Bruno accompagnate alla tastiera dallo stesso Berardi.

MA CHE E’   ‘STU  SCONTENTU

Versi di Maria Luisa Frasca                             

Musica di Camillo Berardi   

                                                         

Ma che è tuttu questu scontentu ?

Pecchè sbatto  contr’a  ‘nu muru ?

Ju tempu s’ha fattu cchiù lentu

ju celu s’ha fattu cchiù scuru.

 

                            ‘Na vote me credea

                             che se potea spazia’.

                             Ju munnu me ss’è fattu troppo strittu,

                             ji’  quasci  non ci pozzo rispira’.

 

Me pare ch’è come ‘na fame

me pare ch’è come ‘na sete.

Ma a mmi’ no’ me sazia lo pane.

Che pena le pene segrete…

 

                            ‘Na vote me credea

                             che se potea spazia’.

                             Ju munnu me ss’è fattu troppo strittu,

                             ji’  quasci  non ci pozzo rispira’.

 

Redengo la vita a ju sognu

mo’ che la speranza è finita.

Ccusci’ no’ me pare ch’ è pocu

lo pocu che me dà  la vita.

 

                              E pure se mme pare

                              che non se po’ spazia’,

                              ju munnu me llo faccio meno strittu,

                              forse ccusci’ ce rrescio a rispira’.

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