Chi cercasse una fruizione comoda della poesia di Strinati, chi si aspettasse di avere come la visione d’insieme, calma e serena di un quadro, o come l’effetto della narrazione sommessa di un racconto, resterebbe spiazzato.
Si tratta di visioni tradotte in rappresentazioni che, accostate in modo ardito tra loro, scoccano in scintille di impressioni profonde e musicali.
Le immagini si affollano, diversissime e lontane tra loro per natura e provenienza, vicine solo per accostamento spaziale nella successione dei versi, intorno al nucleo dell’intuizione centrale; si legano senza una logica rigorosa.
Occorre abbandonare i criteri di un approccio sistematico al verso, secondo i canoni consueti di certa critica poetica, allontanare gli schemi, gli strumenti interpretativi del nostro bagaglio di saperi, forse anche le aspettative, e lasciarsi andare al vorticoso ballo di suggestioni che si
susseguono rapidissime.
Si potrebbe pensare ad allucinazioni, mentre invece si tratta di versi che usano la visione della realtà e dei suoi elementi naturali come folgorazioni.
Tuttavia, la velocità di accostamento delle immagini contrasta con un versificazione aperta ed estesa, che dilata il tempo della fruizione del testo.
Le poesie di Strinati non corrono veloci e sincopate, come il tempo frenetico in cui viviamo, ma aprono solchi in cui si seminano.
Ci sono le stagioni con i loro eventi meteorologici, ci sono boschi, mari, fiumi ed animali, fino all’allodola del titolo che ci suggerisce quale interpretazione dare al ballo travolgente delle immagini di Strinati.
Queste poesie sono un canto d’inizio, mattiniero, come quello dell’allodola, e alludono anche, simbolicamente, alla capacità che la poesia ha, come il volo ascensionale caratteristico di questo uccellino, di essere un legame fulmineo tra cielo e terra.
Allo stesso tempo sono poesie che stanno sulla soglia dell’abisso e dell’inganno (non per nulla
l’allodola è anche il soggetto richiamato dal famoso “specchietto”), dunque poesie che esprimono l’aspetto costantemente vertiginoso e sempre a rischio dell’esistenza vissuta con intensità.
Silvia Fornasari
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