Giampaolo Campus

Oggi voglio presentarvi un genere musicale molto particolare , abbastanza distante dal mio genere.  Si tratta dell’Improvvisazione timbrica. Ogni novità in questo campo mi incuriosisce e mi piace approfondirla.

Però, parlare di improvvisazione timbrica senza nessuna carta alla mano mi vien difficile. Questa musica la si trova soprattutto come colonna sonora di film e spettacoli teatrali ed è in queste circostanze che si può capire la sua utilità e poter  apprezzarne tutto il fascino che l’accompagna. Ma per capirla meglio ho voluto intervistare un esperto nel campo: Giampaolo Campus

 Giampaolo, intanto raccontaci un po’ di te. Dove e quando sei nato?
Sono nato a Cagliari nel 1965.
Quand’è che hai pensato di fare il musicista?
Mi viene difficile rispondere alla tua domanda in quanto faccio fatica a considerarmi un musicista nel senso tradizionale del termine quanto piuttosto un ricercatore di suoni con una forte attitudine ludica al fare musica.
Quale percorso di studi hai fatto?
Il mio percorso di ricerca, che è poi strettamente legato alle mie personali esperienze di vita, è partito dalla passione per l’ascolto musicale (all’epoca la musica rock “new wave”, il jazz e la musica classica del I Novecento) che in giovane età ho condiviso con quelli che sono tutt’ora tra i miei più cari amici. Intorno ai 15 anni ho iniziato lo studio del sassofono con il Maestro Nino Marongiu e quindi del pianoforte, i primi rudimenti, per alcuni anni con la concertista e didatta Anna Paolone Zedda per poi frequentare per diversi anni il corso di composizione sperimentale al Conservatorio di Cagliari con il maestro Franco Oppo e quindi conseguire la laurea in Letteratura Inglese all’Università di Magistero di Cagliari con tesi comparata in Storia della Musica sull’opera lirica “The Rake’s Progress” di Igor Stravinskji con il prof. Antonio Trudu.
Quale genere di musica hai scelto e perché?
In realtà, come ti dicevo prima, la mia ricerca musicale è strettamente legata alle mie esperienze di vita che mi hanno portato a sperimentare in vari ambiti. Nodale la mia fascinazione per il suono e, in un primo momento, la sua modificazione attraverso tecniche proprie della musica digitale (il “campionamento”, ad esempio, ossia la registrazione e l’elaborazione di frammenti sonori ricomposti in nuove modalità di senso). Questo approccio compositivo si è progressivamente ampliato a forme più aperte di composizione che mi hanno portato gradualmente a innestare l’improvvisazione nella mia pratica esecutiva strumentale (all’epoca utilizzavo il campionatore). Questa esperienza unita ad un’onnivora attività di ascolto musicale (il jazz, l’elettronica, la musica etnica tradizionale sarda ed extra-europea e la musica contemporanea) mi ha gradatamente riportato alla fisicità dello strumento acustico e nello specifico allo “zither” (vocabolo tedesco che traduce il termine cetra da tavolo), di cui ho approfondito lo studio attraverso una modalità di auto-apprendimento, e che interpreto come “corpo sonoro” da mettere di volta in volta in risonanza attraverso l’uso di diversi tipi di oggetti o di cui modifico il suono attraverso la preparazione dello strumento.  
Sono in tanti a non conoscere il tuo genere musicale. Quale è la sua caratteristica?
Difficile considerare l’improvvisazione un genere musicale dal momento che è presente in quasi tutti i generi di musica (musica classica inclusa), quanto piuttosto come una pratica esecutiva e compositiva, se vuoi anche liberatoria, che si concretizza in una ricerca sulle possibilità timbriche dello strumento, sulla possibilità di creare musica in tempo reale e che si alimenta con il continuo scambio osmotico con gli altri musicisti con i quali mi trovo ad improvvisare.
Volendo dare un profilo storico di questo ambito musicale si possono sicuramente individuare 2 filoni all’inizio degli anni ‘60: da un parte la frammentazione del pensiero musicale tradizionale nel free jazz e dall’altra nell’ambito della musica colta (leggi musica contemporanea) con esperienze come il Gruppo d’Improvvisazione Nuova Consonanza di stanza a Roma, per citare un nome, in cui l’apertura al momento dell’improvvisazione con l’uso di oggetti sonori e l’esplorazione delle possibilità timbriche degli strumenti venivano realizzate in tempo reale dagli stessi compositori (Franco Evangelisti, Ennio Morricone, Egisto Macchi, Giancarlo Schiaffini).  
Fai parte di un gruppo stabile oppure varia in base ai brani?
Si, buona parte del mio percorso musicale (ho vissuto negli ultimi 12 anni in Trentino) si è sviluppato attraverso la collaborazione con l’amico musicista Sergio Camedda con il quale abbiamo dato vita al progetto Difondo e con cui stiamo attualmente attuando una campagna di crowdfunding (vedi link qui sotto) per la pubblicazione del nostro ultimo lavoro “Sampler and Zither”. Questa collaborazione si è comunque estesa ad altri musicisti, vedi il progetto Cava Tapi, con il chitarrista classico roveretano Walter Salin, sulla vita e produzione letteraria di Fortunato Depero, o ancora al collettivo musicale Parafonisti del Baldo, di stanza a Brentonico in Trentino, che ha al suo attivo diverse produzioni originali sul Futurismo e sul rapporto Arte e Ecologia e in ultimo attraverso la produzione di artisti locali trentini con la creazione nel 2011 dell’etichetta in rete Parafonica Netlabel.  
La musica che esegui è tua o scritta da altri?
Dopo quanto detto in precedenza, è chiaro che la mia attitudine musicale tesa verso la ricerca sonora e basata su un atteggiamento ludico di scoperta che ripropongo nei miei concerti, non può che essere frutto di un percorso personale che comunque ha sempre in se la memoria dei musicisti e non, dei luoghi e in un’ ultima analisi dei suoni che ci circondano.
Ti lascio alcuni link nel web per chi volesse approfondire i progetti citati.
Ti ringrazio per l’opportunità che mi hai concesso per parlare di una modalità di avvicinamento alla musica che ritengo estremamente utile non solo per un musicista ma anche per l’ascoltatore nel vivere l’esperienza del suono.
Link: www.difondo.net; crowdfunding “sampler and Zither”:
https://www.eppela.com/it/projects/6791-difondo-un-lp-cd-di-musica-per-sampler-and-zither
www.cavatapi.wordpress.com;
www.parafonistidelbaldo.jimdo.com;
www.parafonicanetlabel.blogspot.it

YouTube Direkt
 

5 Responses

  1. Da decenni Piero La Rocca, noto internazionalmente per le sue attività musicali e l’organizzazione di festival SCRUSCIFESTIVAL,porta avanti il genere di musica d’avanguaria e di improvvisazione. Gli articoli su Musica Jazz, BlowUp ne sono conferma, oltre le varie incisioni( per discografia vedi il link LA DOLCE VISA, SCUSCI FESTIVAL, Op’erazione Nafta) ne sono testimoni.
    PURTROPPO NON HA APPOGGI POLITICI E DI GENTE DEL SETTORE.
    Spiace snetir parlare di impèroviszione in campo musicale senza citarne i maggiori perfomers

  2. Ciao Galar,
    scusa il ritardo nel risponderti. Capisco il tuo disappunto per il mancato riconoscimento di alcune interessanti realtà, ma il senso dell’intervista era quello di parlare di un’esperienza personale di vivere il fare musica e soprattutto quello di avere la possibilità di comunicare ad un pubblico di non addetti ai lavori alcune delle modalità che sottostanno alla pratica dell’improvvisazione, nel mio caso, lavorando sul timbro attraverso l’uso della preparazione e/o l’utilizzo di oggetti che vengono messi in risonanza con il corpo dello strumento.
    Come tu ben sai, l’improvvisazione è presente in vari generi musicali , vedi gli scritti illuminanti in proposito di Derek Bailey o di Giancarlo Schiaffini, quindi mi è sembrato opportuno in una breve intervista mettere in evidenza i due filoni che sono alla base del mio modo di concepire l’improvvisazione timbrica, ossia la ricerca in ambito colto del gruppo d’Improvvisazione Nuova Consonanza quanto l’esperienze del free jazz dei primi anni sessanta.
    Conosco e apprezzo le realtà a cui fa riferimento e i musicisti che gravitano attorno e li apprezzo profondamente ma, come tu puoi ben capire, in una breve intervista non può essere detto tutto, viste le motivazioni sopra esposte. Per quanto riguarda il tuo riferimento “ad appoggi politici e di gente del settore” penso sia un problema culturale che ha radici profonde. Ti consiglierei a questo proposito l’illuminante lettura dell’introduzione del libro di Enrico Fubini “Musica e Linguaggio nell’estetica contemporanea” (1973!!!) che delinea in modo molto preciso le cause della realtà di degrado in cui ci ritroviamo nel campo dell’educazione musicale.
    Ti invito in ultimo ad ascoltare la mia musica (i link sai dove trovarli), vista la passione che hai mostrato nel tuo scritto.
    I miei cordiali saluti. Ciao. Giampaolo

  3. Bellissime le foto della performance a Mori di Antonio Bertoni… una sorta di "filo rosso poetico" in sintonia con il discorso dell’improvisazione timbrica.
    Per quanto riguarda ciò che ribadisce Galar, direi che è cosa perfettamente inutile prendersela con i luoghi istituzionali, gli esperti del settore e gli appoggi politici. Galar, cerca di capire quel che dico, non arrabbiarti, questo è un semplice invito alla riflessione: per assurdo, parlare di queste cose sembra quasi giustificare le stesse, o addirittura cercarle. Inutile rincorrere o sperare. È perfettamente sterile e tipicamente italiano il lamentarsi costantemente per le cose che non vanno come dovrebbero andare. L’azione parte dal basso, da noi stessi. Se ti metti in lista, forse puoi fare un concerto al Cafe OTO di Londra o essere contattato/a da Nouvelles Musiques di Montreal. Sta a noi. Non credere che all’estero sia tanto diverso il discorso. La/e musica/he di cui stiamo parlando sono un oggetto strano, ostico ai più, pertanto il disinteresse è pressoché totale.
    Mi viene da pensare anche all’immenso calderone, il refugium peccatorum che è Berlino. Lì puoi suonare ovunque, quanto vuoi, con chi vuoi, come vuoi… e non vedere una lira. Ma almeno hai l’opportunità di farlo. Tantissimi musici e artisti Italiani (con le spalle in parte coperte, probabilmente) vivono lì e non a caso.
    Non intendo alimentare alcuna polemica con questo discorso. È solo una constatazione (a cui sono arrivati moltissimi, suppongo) personale, dopo tanti, ma tanti anni di esperienza, di nomadismo, di collettivi artistici e musicali… lasciamo stare le "lamentazioni religiose".
    Ben vengano dunque i crowdfunding, gli Scrusci, le Nostre Orchestre Estemporanee, le cassette e i vinili DIY, qualsiasi cosa voglia (e riesca) far ottenere visibilità a un "non-genere" (almeno lo speriamo!) musical/performativo, qualcosa che purtroppo ricade completamente sulle spalle di pochi, pochissimi, volenterosi individui.
    Saluti e baci a tutti
    Patrizio

  4. D’accordo, ma se vuoi farla conoscere alla gente, nel maggior numero possibile, é necessario organizzare manifestazioni ad ampio respiro ,con l’aiuto delle autorità locali. Non é per i soldi od, al massimo, per il rimborso spese! Ma solo per far sì che la musica dotta venga ascoltata, digerita,e,magari, gente che non la conosce, l’apprezzerà.
    Questo intendo.
    I mercanti di musica ed i maxiconcerti sono altra cosa!
    Quà c’é passione, una visione che và oltre il banale, frutto di assimilazione di musica classica, Jazz, free, contaminazioni etniche, musica popolare,ecc.ecc., radici da cui poi le singole sensibilità tirano fuori musiche non convenzionali.
    Certamente hai ragione quando parli di merati ed " orecchie" straniere",ma sai é uno sterotipo ormai bisunto il dire che all’estero é diverso.
    La lotta culturale deve essere fatta qui da noi e non esportata, e poi importata.
    E’ triste

  5. Scusa se ritorno e magari ” disturbo”: Giorbni addietro ero in conversazione con l’amico Andrea Centazzo e lo stesso mi riferiva delle enormi difficoltà di organizzare meetings musicali con il genere praticato,e, mi riferiva di John Zorn e delle complicate condizioni per fare performances. mwesi adietro, ho organizzato un evento con Amy Denio e Jessica Lurie e debbo dire che solo grazie ad uno sforzo divulgativo c’é stato un debole riscontro.
    Peccato!!

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