di Rita Atzeri
Il 14 novembre 2024 decine di persone tra pazienti, personale sanitario, associazioni e sindacati hanno indetto un sit-in di protesta contro la chiusura delle sale operatorie dell’ Ospedale Oncologico “Businco” di Cagliari . Davanti al Businco era presente anche una delegazione della Commissione Sanità del Consiglio Regionale e la Presidente, Carla Fundoni, ha ascoltato attentamente le motivazioni di associazioni e pazienti ed ha garantito l’impegno della Regione per la soluzione del problema.
L’assessore Armando Bartolazzi, tenuto conto del clima creatosi tra il personale medico dell’Ospedale Businco e dei timori espressi dalle associazioni dei pazienti in merito ai lavori da eseguirsi presso le sale operatorie del presidio, ha convocato un nuovo incontro, presso gli uffici dell’assessorato regionale alla Sanità, per mercoledì 20 novembre alle 17, a cui parteciperanno rappresentanti della direzione generale dell’Arnas Brotzu, delle rappresentanze mediche e delle Associazioni dei pazienti interessate.
Questo comunicato è stato inviato alle socie via mail dall’Associazione Sinergia Femminile di cui faccio parte.
Dopo la morte di mia sorella ho sentito forte il desiderio di un impegno sociale maggiore e concreto, in ambiti diversi dal mio solito agire, nella speranza di essere più vicina alle persone, magari utile.
Un desiderio compensativo e quindi forse in qualche misura egoistico. Ma non è questo il punto, il punto è ciò che avviene sul fronte della sanità pubblica. Lo smantellamento di poli d’eccellenza, il disagio di medici e pazienti, sono un qualcosa che riguarda tutti.
Chi non ha avuto un amico, un congiunto che sia in cura o sia deceduto a causa di un tumore? E chi può sentirsi così sicuro e sereno da dire che questa esperienza non la vivrà mai?
Ciò che avviene ci riguarda. Ed è passato il tempo in cui chiedere alla politica che faccia qualcosa per migliorare la situazione. È il tempo di esigere che venga fatto subito.
C’è sempre qualcuno che si salva, perché ha il denaro per curarsi fuori, l’amico, il parente medico che gli da il consiglio giusto. Ma questo non è etico.
Per quell’uno quanti invece vivono nella sofferenza, nell’umiliazione, nel terrore di non potersi curare, di non poter far nulla per coloro che amano.
Cosa possiamo fare?
Non voltarci dall’altra parte, parlare, denunciare e fare pressione perché certi temi, siano i primi ad essere affrontati. I primi e non gli ultimi. I primi.
E perché questo avvenga dobbiamo parlare con le persone, informarle e dobbiamo essere di supporto a chi vive l’esperienza della malattia.
A voi chiediamo di cosa avreste bisogno e cosa vi manca nella cura, quali sono i disagi che vivete.
Sono tanti i temi collegati perché ci si ammala, come si può fare una prevenzione efficace?
E quando sono malato come difendermi dagli effetti collaterali delle cure?
Sono fortemente convinta che la cura sia questo, farsi carico della persona nella sua interezza, fuori e dentro degli ospedali, creando anche in questo caso connessioni con la società civile.
“Io leggo per te”, fai la chemioterapia e se ti può far piacere in quell’arco di tempo, ti leggo un libro che ti piace. Con il supporto del Mondo Eco festival letterario posso farlo.
“Coltiva – ti”, stare all‘aria aperta, praticare l’agricoltura può essere un supporto terapeutico, sì, può esserlo. Pensiamo insieme un percorso adatto, all’Orto Giardino di Mariposa de Cardu è possibile.