Gli anni ’70 si chiusero per De André nel modo peggiore, con il rapimento durato mesi e che debilitò non poco la coppia. È divertente che uno dei rapitori, che era di sinistra, si mostrò dispiaciuto che anche Dori, figlia di operai, fosse stata rapita.

Spiegò che quella era la sua unica possibilità di lavoro. De André capì che era vero. Effettivamente l’anno dopo fu arrestata la banda al completo, uno era un assessore del Pci in Barbagia.

La banda era composta da sei orunesi e da tre pattadesi (oltre che da un toscano e da altre figure minori).

Ci furono diverse polemiche in occasione del sequestro.

Oltre alle consuete polemiche, coi soliti tromboni dello Stato che s’indignano di fronte alla delinquenza ma sono incapaci e forse anche paurosi, ci fu anche chi disse che non esistevano più i banditi gentiluomini di una volta. De André, come già detto, perdonò i suoi sequestratori, giustificando il banditismo, in una qualche misura, al pari di Antonio Pigliaru che nel suo saggio sulla Vendetta Barbaricina, giustifica il banditismo come un fatto di natura sociologica, un fatto di dura necessità, una maledizione in più, un destino, non una vocazione.

 

E’ in uscita il nuovo romanzo di Ignazio Salvatore Basile dedicato al sequesto di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi

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